Niente titoli di Stato, altri investimenti cinesi in Italia

La Cina aumenterà i propri investimenti in Europa e definirà le proprie relazioni con i dirigenti e i Paesi  dell’Unione dal punto di vista strategico. Ad averlo confermato è stato il Primo Ministro cinese Wen Jiabao, che vuole riconoscere la propria potenza come economia di mercato e, in attesa di “provvedimenti fiscali e monetari responsabili”, intende fare ordine circa il ruolo della Cina nei Paesi sviluppati nel vecchio continente.

Il dragone rosso arriva così in salvataggio della crisi del mondo occidentale e lo tenendo per le mani le principali banche, anche americane. In questo contesto, l’Italia di Silvio Berlusconi, freschissima di manovra bis sotto le presse della Banca Centrale Europea, rientra nel piano di investimenti della Cina. Ma anziché vederla come un’ancòra di salvataggio, alcuni esponenti politici la vedono come una gravosa minaccia: i titoli di Stato italiani, specie quelli che hanno un ruolo chiave nei settori delle grandi industrie e delle infrastrutture civili, non possono essere svenduti.

La Cina in particolare è interessata alla possibilità di mettere mano ai settori metallurgici e delle energie, specie quelle rinnovabili, non a caso l’Italia è il Paese più assolato d’Europa (ma anche l’ultimo Paese per presenza di fotovoltaico). Certo è che il processo di modernizzazione che sta toccando il mondo occidentale sembra essersi dimenticato dell’Italia (e la colpa allora di chi è?), e alcune sinergie commerciali negli ultimi anni sono state già messe in atto tra Cina e Italia. Inoltre un investimento da parte di un Governo è molto migliore, nell’ottica di una nuova peggiore crisi, che non della vendita di grandi industrie a famiglie e magnate stranieri.

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